Negli anni 1931- 36 fu il primo uomo al mondo ad attraversare in solitaria il continente africano da nord a sud, andata e ritorno per un totale di 40.000 km a piedi, in bicicletta, a cavallo e in canoa.
Kazimierz Nowak nasce a Stryj nella regione Podolu nel 1897. Dopo la prima guerra mondiale si trasferisce a Poznań dove lavora come impiegato in un’agenzia di assicurazione e coltiva durante le sue escursioni in bicicletta la sua passione per il viaggio e la fotografia. Il 19 marzo del 1922 si sposa con Maria Gorcik dalla cui unione nasce nello stesso anno la figlia Elisabetta e nel gennaio del 1924 il figlio Romuald.
In un periodo di crisi nel marzo del 1925 decide di lasciare il paese e guadagnarsi da vivere per sé e la famiglia come corrispondente e fotografo. Compie due viaggi in Europa, attraversando in bicicletta l’Ungheria, l’Austria, l’Italia, il Belgio, l’Olanda, la Romania, la Grecia e la Turchia. Nel 1928 si spinge in Africa settentrionale fino a Tripoli, allora devastata dalla guerra. Nowak è costretto a fare ritorno in Polonia per problemi di salute e mancanza di soldi ma progetta in futuro di ritornare per attraversare l’intera terra africana da nord a sud. Intanto per prepararsi all’impresa, viaggia in Polonia e poi raggiunge la Francia.
Il 4 novembre del 1931 parte in treno per Roma per poi proseguire in bici fino a Napoli da dove attraversa in nave il Mediterraneo. Il 26 novembre si trova di nuovo nel continente nero. Con la sua bici vecchia e usata lascia Tripoli diretto a sud verso il Capo di Buona Speranza distante alcune decine di migliaia di chilometri. Quando il sabato santo del 1932 giunge all’oasi di Maradach si allarmano tutte le autorità della zona: nessuno riesce a comprendere da dove sia sbucato quel solitario ciclista polacco venuto dal deserto. Le autorità italiane vista la situazione critica in Cirenaica impongono a Nowak di cambiare rotta e dirigersi ad Alessandria d’Egitto passando per Bengasa. Da lì riprende la direzione verso sud. Lungo il Nilo attraverso la traccia dei grandi laghi africani si inoltra sempre più all’interno del continente nero, pulsante di insondabile vita. Da lontano giungono gli echi degli avvenimenti mondiali, la grande crisi, la politica dei fascisti in Europa, così irreale di fronte alle epidemie e ai nuvoli di cavallette che si spostano e imperversano nel continente. Viaggiando da solo Nowak raggiunge un villaggio indigeno in cui può barattare un po’ di viveri e ascoltare le leggende nere. Incontra i Tuareg, i contadini egiziani, gli abitanti tra le paludi Szilluk, l’orgoglioso popolo dei Vatussi, i Pigmei, i Buri del Transvaal, gli Ottentotti, i Boshimani, i neri di Hausa e molti altri esotici abitanti del continente uniti dal comune destino di lotta per la sopravvivenza in un mondo dominato dalla natura.
Ogni qualvolta riparte, il ritmo dei tam tam porta con sé negli altri villaggi l’insolita notizia di un solitario bianco su uno strano veicolo.
Solo nella Polonia africana e nei centri missionari Nowak trova benevolenza e fiducia. Quando invece raggiunge gli insediamenti degli esploratori bianchi, un sentimento di solitudine sembra crescere in lui, rendendolo consapevole di quanto sia diverso dagli impiegati, dagli ufficiali dell’esercito, dai cercatori di ricchezze naturali e dai bracconieri che si stabiliscono in quei luoghi solo per il guadagno, la carriera, i trofei e la dissolutezza. Sensibile all’ingiustizia umana e pieno di rispetto per l’intatta natura, critica apertamente il comportamento imperiale degli europei in Africa in un modo impensabile per quegli anni.
Contrariamente alla Lega Marina e Coloniale non condivide le ambizioni espansionistiche dello stato polacco. Forse per questo motivo a Nowak non viene mai concesso un aiuto soddisfacente. Dalla Polonia riceve unicamente una macchina fotografica da parte di Karzimierz Greger e i copertoni dall’azienda Stomil. Riesce a mantenere se stesso e la sua famiglia con gli onorari per i reportage e le foto che invia a quotidiani polacchi e tedeschi. Sarà una macchina Contax acquistata nello studio fotografico di Poznań da Karzimierz Greger, che Nowak riceve quando è già in Africa, a permettergli di scattare oltre 10.000 foto durante tutto il suo viaggio. La sua impresa viene riportata anche dalla stampa locale africana. Nell’aprile del 1934 Karzymierz Nowak raggiunge l’estremità dell’Africa, il Capo di Buona Speranza.
A Città del Capo decide di ritornare seguendo un’altra strada e attraversare ancora una volta in solitaria l’intero continente. Si mette in cammino nonostante gli attacchi di malaria che lo tormentano e la perenne mancanza di denaro. Nel deserto dell’Africa sud occidentale la sua bicicletta cade a pezzi. Karzymierz Nowak riceve in dono da Mieczyslaw Wisniewski, un polacco che abita a Gomuchah, un cavallo Rys e ne acquista un secondo, Zbik. Rys diventa il suo cavallo da sella mentre Zbik viene sostituito dopo alcuni giorni da Cawboy per il trasporto dei bagagli. Percorre i successivi 3000 km in sella fino in Angola, quando, ospite nella fattoria del conte Zamoyski, si separa dai suoi compagni a quattro zampe.
Dopo aver raggiunto il fiume Kassai, decide di trasformarsi in un velista. Si fa costruire una canoa indigena, che soprannomina “Poznan I” con cui discende l’agitato e capriccioso fiume.
In una disavventura sulle cateratte Kaveve perde il suo nuovo mezzo di trasporto. È costretto a proseguire a piedi per centinaia di chilometri fino a Lulua dove acquista una nuova barca, che modifica secondo le sue necessità e chiama con il nome della moglie Maris. Nel settembre del 1935 a Leopoldville ( l’attuale Kimsaga nella Repubblica del Congo) termina il suo periodo di navigazione in solitaria percorrendo i fiumi Lulua, Kassai e Kongo. La tappa successiva fino al lago Ciad viene percorsa in bicicletta.
Le autorità francesi dell’Africa equatoriale non gli concedono il permesso di attraversare il Sahara da solo esortandolo a continuare il viaggio con una carovana, per poter portare una sufficiente scorta d’acqua. Nowak acquista allora un dromedario e ingaggia un cammelliere formando così la propria carovana. Trascorre i successivi cinque mesi sulla gobba del dromedario Uela fino ad arrivare a Uargla. Gli ultimi 1000 chilometri fino ad Algeri sul Mediterraneo vengono percorsi in bicicletta.
Nel novembre del 1936 termina il suo viaggio di circa 40.000 km. Con gli ultimi soldi acquista dei vestiti (in Europa è autunno) e un biglietto per la nave con destinazione Marsiglia. Prosegue per Beaulieu vicino a Saint Etienne dove trascorre due settimane in una colonia polacca in montagna scoperta in precedenza durante i suoi viaggi in Europa. Inutilmente cerca di vendere le foto dell’Africa e dei montanari per procurarsi il denaro per poter proseguire il viaggio in treno per sé e la bici fino in Polonia. Si reca a Parigi per sbrigare le formalità per i visti e attraversare il Belgio e la Germania. Solo grazie all’aiuto della moglie e alla garanzia della fabbrica di pneumatici Stomil ottiene dal console polacco un prestito di 750 franchi.
Nella notte del 23 dicembre del 1936 a Zbaszyn attraversa la frontiera polacco tedesca. A Poznań tra le persone che attendono e salgono in treno, nell’oscurità dei binari riconosce una folla di amici ad attenderlo.
Al ritorno a Poznań Kazimierz Nowak organizza al cinema “Apollo”, alcune conferenze dedicate all’etnografia sulla terra africana, e proiezioni di foto. Tiene una serie di conferenze anche in altre città presentando i reportage del suo viaggio all’università Jagiellonski a Cracovia e alla Scuola Superiore commerciale di Varsavia. Progetta di pubblicare i materiali raccolti e di organizzare l’impresa successiva con destinazione India e Asia meridionale. E’ però estenuato dai continui attacchi di malaria e in aggiunta accusa una periostite alla gamba sinistra. Viene operato ma durante la sua permanenza in ospedale si ammala di polmonite. A meno di un anno dal suo rientro il 13 ottobre 1937 muore nella sua casa di Poznań.
A cura di Łukasz J. Wierzbicki. Traduzione di Laura Bordo.
UN VERO EROE!!!